• Elogio della lite amorosa

Incazzarsi per scazzarsi, con grazia e buone prospettive

L’amore non è bello, se non è litigarello, recitava una vecchia canzone stupidina e banalmente orecchiabile, ma con un sottofondo sociologico niente male!

Litigare e azzuffarsi in parlamento, ad esempio, è una delle manifestazioni più inutili in assoluto: nessuno cambierà idea e tutto finirà su stampa e televisione suscitando nel mondo “normale” (quello degli elettori) semplicemente un moto di accentuato schifo, come se ce ne fosse bisogno.

Invece no, mi riferisco alla semplicità delle nostre case, dei rapporti di coppia, all’intimità di ognuno di noi che in un dato momento può spaccarsi esondando verso le orecchie dei vicini, magari per motivi apparentemente idioti eppure mirabilmente importanti.

Importanti per me e la mia compagna, o il mio compagno.

Litigate, gente, litigate!

Perché il litigio (naturalmente contenuto nei termini delle voci smisurate, non certo delle armi bianche) è il momento dell’apertura del Mar Rosso, perché quell’ostacolo deve essere superato, perché è la catarsi che induce al silenzio, durante il quale – nascosta dietro al “muso” reciproco – si va formando una giusta ed umana ricognizione dei propri errori, delle proprie affermazioni errate, dei modi di vivere altrettanto sbagliati, della voglia di ricucire.

Tutto diventa come una clessidra: il “brutto” è contenuto nella campana alta, filtra attraverso il piccolo pertugio che collega con la campana bassa per rinascere e riformarsi. I granelli di sabbia non potranno mai assumere la stessa identica posizione di prima.

Non voglio dire che nasca il “bello”, ma certamente rinasce una situazione migliore e più pacata, con problemi – almeno – parzialmente risolti, in attesa di un nuovo mischiamento di granelli di sabbia e del nuovo, necessario, capovolgimento della clessidra.

Povera clessidra!

Pensava di dover misurare il tempo (opera già non particolarmente semplice) e si trova a dover misurare e aggiustare e allineare i sentimenti umani.

Meravigliosa clessidra!

Che nella sua opera di riaggiustamento dei granelli di sabbia può rimettere in fila e consolidare amori. A patto che uno qualsiasi degli amanti non la scaraventi a terra!

Di norma sono scrittore uso al fantastico, magari anche all’orrore, un pizzico splatter (se vogliamo), mai votato al sentimentalismo (al quale cedo raramente solo con connotazioni pesantemente erotiche). Eppure mi scopro sentimentale perché credo che la scelta di una compagna (o compagno) con cui litigare per il resto della vita segni una scelta di intelligenza, di crescita.

Non si dovrebbe mai dire “ti amo”, piuttosto “voglio litigare con te”. That’s Ammore!!!

Certo, c’è modo e modo di litigare.

Il migliore è quello con le mani in tasca, magari seguito da una buona tazza di camomilla. Poi, a letto, chissà…

Il peggiore è quello dei pugni, dei coltelli o delle pistole o di chissà cos’altro. L’eliminazione del problema. Niente pensieri e niente opposizioni. Non ci serve e non ci piace!

Poi c’è la rassegnazione. Il silenzio. La sopportazione. Il giornodopogiorno che si insegue senza entusiasmo.

Che ci stiamo a fare qui, oggi, insieme?

In questo caso la clessidra non è neanche rotta: si è ostruito lo sfogo tra le due campane.

Il tecnico delle clessidre mi dice: “è malata di tristezza!”

Raffaele Corte (16 giugno 2017)

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