• ATAC di Roma: Realtà vs Fantasia 3-0

Nello Stato di Diritto i miracoli esistono (basta rompere i coglioni!)

• Premessa:
non ho mai avuto la patente di guida (per motivi che non credo importante divulgare).
• Antefatto:
sono in possesso di un abbonamento annuale al “servizio” ATAC di Roma.
• Fatto:
sono – probabilmente – un cretino e mi sono fidato dei servizi informatici di detta azienda (forse la più devastata della Capitale).

PARTE PRIMA (29 agosto 2016):

da anni sono possessore di una tessera annuale “bip & go” che ho sempre rinnovato entro i termini di scadenza presso gli sportelli della stazione Metro B di Eur Fermi. Quest’anno, per motivi – anche – fisici personali, ho optato per il rinnovo online, confidando nell’immediatezza e nella “facilitazione”.

Idiota che sono!

Dopo aver pagato € 250,00 per un servizio quasi inesistente (almeno nella mia periferia) e al quale – in preventivo – devo aggiungere un minimo del 50% in spese taxi per disservizi e scioperi (giustissimi), mi ritrovo la dizione “Si ricorda che l’abbonamento acquistato rimane inattivo finché non viene attivato e che l’attivazione della ricarica sarà disponibile il giorno successivo alla data di pagamento”.
Un qualsiasi minus habens capirebbe che, alla prima vidimazione, ci si troverebbe in una situazione di assoluta legalità, e conseguente tranquillità…
L’attivazione è possibile presso le stazioni metropolitana e Ostia Lido. In pratica, devo andare esattamente lì dove potrei fare in diretta il rinnovo. A cosa serve, dunque, il rinnovo online?
Va bene lo stesso: sono stato distratto e pago le conseguenze.
Dopo averlo atteso per la bellezza di 50′ (il sito ATAC indica il mezzo presente alla fermata ogni 17 minuti!), ecco finalmente il mio 705, sul quale salgo – formalmente – in qualità di “portoghese”, pur avendo sborsato fior di quattrini. Ma va bene: mi sta portando alla liberazione dell’abbonamento!
Arrivo – senza controlli – alla stazione Fermi ed entro per diventare alla fine un cittadino modello, ossequioso delle regole.
Nessuno mi segue, va tutto bene, ancora pochi secondi e sarò padrone dei miei spostamenti per la bellezza di un anno!
Il chip va su un validatore: luce rossa, il “bip” c’è, ma sembra dire “ladro”. Il varco non si apre. Niente paura: succede spesso, lo so!
Altro tornello: non mi fate ripetere…
Altro ancora: che te lo dico a fa’!
Trovo un pertugio nel quale tento di inserire la card. Potrebbe anche entrarci, se non fossi bloccato da una guardia giurata. Mi interroga, lo assecondo. Mi chiede lo scontrino del pagamento e – molto gentilmente, devo dire – mi consente di accedere alla metropolitana (in fondo ho pagato tre giorni fa!…). Peccato che io non debba prendere la metropolitana: devo solo validare ‘sto cazzo di abbonamento.
Gli cadono le braccia, cincischia qualcosa, non sa che pesci pigliare: lui la sua buona volontà ce l’ha messa tutta. “Chieda alla biglietteria”, mi suggerisce disarmato. Come se non ci avessi già pensato…
Molto bene. Una praticabile fila alla biglietteria e finalmente sono di fronte ad un’addetta carina che continua a sbattere con cattiveria la mia card sul suo lettore per poi decretare: “È scaduta”.
Inibisco la risposta più ovvia “grazie al cazzo!” sostituendola con un più formale “lo so bene, peccato che l’abbia rinnovata tre giorni fa…”
“Un attimo che chiedo”.
Arriva una persona, probabilmente di un gradino superiore. Mi interroga ancora: come, dove quando? E poi si risponde: “la card può essere convalidata dalle ventiquattro ore successive al pagamento. Ma dopo la convalida al tornello dello metropolitana passano ancora 24 ore finché questa sia effettivamente validata… però se ci sono problemi torni domani, ché nel caso la cambiamo”.
La vita è più facile con Internet. Tranne che per ATAC.

Mavaffanculo!

PARTE SECONDA (30 agosto 2016):

oggi è il 30 agosto e sono passate qualcosa più di 24 ore dal primo tentativo di attivazione della mia card annuale.
Memore dell’invito della presunta dirigente incontrata ieri e avendo abbondantemente pagato pegno per la mia cretinaggine, questa volta, cerco di rimediare un passaggio in macchina alla volta dell’infame stazione EUR Fermi.
Moglie amorevole e momentaneamente non occupata = botta di culo che prelude (sempre cretino, eh?) ad una giornata positiva. Mi sento Pavarotti e sparo un “VINCERÒ”.
Purtroppo non sono Pavarotti, quindi – pur senza accorgermene al momento – presto mi accorgerò di non vincere proprio un piffero.
Si va per la stazione, si va per i tornelli, ci si becca nuovamente il “bip” rosso col sottotitolo morale “sei un ladro” e questa volta non c’è nemmeno la guardia giurata gentile di ieri, forse perché troppa gentilezza – nell’ambiente – è fuori luogo. Ci sono solo soldati con mitragliatori a volte più alti di loro. Non so perché, ma non ho voglia di discuterci. Forse in biglietteria sono disarmati. Vado!
La biglietteria è armata solo di sporte termiche che evidentemente ospitano frugali pranzi di sapore scolastico. È quasi mezzogiorno, e questo pone qualche problema sulla disponibilità degli addetti. Non siamo in guerra, cinque minuti di attesa non potranno alterare i metabolismi.

“Cinque minuti”?

Un’impiegata carina (un po’ meno di quella di ieri…) e momentaneamente disoccupata mi invita ad esprimere i miei desideri.
Dopo avere escluso “voglio vincere il jackpot, così lo devolvo ai terremotati”, “voglio andare in pensione, così della card dell’ATAC non me ne faccio un cazzo”, “vorrei trovare ancora in vita mia moglie, che mi sta aspettando in macchina sotto il sole” e l’immancabile “scudetto alla Roma!!!”, decido ossequiosamente di ricominciare a narrare la mia triste storia porgendo la mia card.
Senza una lacrima e senza un’emozione apparente, la signorina (o giovane signora, chissà) si limita ad un laconico “scontrino?”.
“Ce l’ho! ce l’ho!”
Si scorrono gli asettici dati di un pezzo di carta che avrei potuto costruire con photoshop e/o dintorni e si sparisce nel retrobottega nel quale un essere mite, credulone e fantasioso come me non può non immaginare esserci capi assoluti gallonati, esperti di viaggi dal quartiere all’Universo, hacker, nerds, banchieri con la barba, esperti di tutto lo scibile umano.

Un attimo e tutto sarà risolto…
Due attimi e tutto sarà risolto…
Tre attimi e tutto…
Quattro attimi…

Venti minuti di attesa: “la carta non risulta aggiornata” e lì starebbe per partire la risposta inibita ieri (vedi). Ma mia moglie, nel frattempo, ha inviato un SMS saggiamente impostato: “non ti incazzare”.
Ok. “peccato che sono ormai quattro giorni che mi avete succhiato i soldi”
“Ha ragione, mi dia la scheda, vado a fare un controllo”, e una signora con aria leggermente dirigenziale (o comunque più scafata) si reca ai tornelli.
Dopo un po’ torna: “non funziona, risulta scaduta”, frase che suona un po’ come “se ti sei fidato del sito dell’ATAC, vuol dire che sei un perfetto imbecille, quindi ho voluto verificare che effettivamente fossi in grado di vidimare la tessera al tornello. Per questa volta ti è andata bene, ma non è detto che possa andare sempre così!”.
Mentre sto per metterle le mani al collo, l’impiegata precedente – forse per alleggerire la tensione – mi distrae facendomi notare che sullo scontrino in mio possesso appare la scritta “in caso di problemi chiama lo 0646951”. Come un signore quale non sono, sfoderando il meglio dei miei sorrisi (cioè un ghigno da Joker), le rispondo con candore: “va bene, lo chiami!”.
Nel frattempo il popolo alle mie spalle comincia a spazientirsi, la giovane addetta forse se ne accorge e razionalizza. “Stanno telefonando, si accomodi in sala d’aspetto, la chiamo io…”.
Ancora attesa. E finalmente la soluzione: “da qui non si può fare niente, mi indichi i suoi numeri di telefono su questo modulo e la ricontatteremo non appena avremo una card nuova. Solo un paio di giorni…”
Riparte la sublimazione della battaglia “scartoffia VS internet”.
Nel frattempo – che ficata -: portoghese virtuale autorizzato chissà per quanto…

Forse l’ho già detto, ma vale la pena sottolineare: vaffanculo!

PARTE TERZA (2 settembre 2016):

Finalmente è il 2 settembre.

Non so perché scrivo “finalmente” con l’aria di chi si sente libero e sollevato. Forse perché da una settimana continuo a vagare con i mezzi pubblici senza che nessuno si sia accorto della mia veniale disadempienza (imbecille come sono, continuo – io – a sentirmi in colpa per la merda prodotta e non smaltita da altri…).
È ricominciato il lavoro, e con esso gli spostamenti necessari a guadagnare i duecentocinquantoni da regalare all’azienda più infame della città (credevate AMA? Noooo, il peggio non muore!).
I due giorni previsti per il fantomatico “contatto” telefonico sono ampiamente passati e prendo la decisione: dovendo forzatamente passare per la stazione incriminata, tanto vale tentare un ulteriore blitz ai danni degli ignari addetti alla biglieteria (quelli con le borse termiche, ricordate?).
In uscita va benino: saltate solo due corse del “mio” 705.
Aspettando poco più di mezz’ora origlio con discrezione le anziane signore dalle caviglie gonfie che sperano di arrivare a destinazione (generalmente uno dei mercati di quartiere, prima che il mezzo espatri verso la città reale) appena un attimo prima di quando si appalesi la Nera Signora che prima o poi tutti incontreremo (purché non si metta in testa di viaggiare con l’ATAC).
Ovviamente, l’argomento di discussione più presente è quello dei parenti di tutti i dipendenti ATAC di ogni ordine e grado già incontrati dalla suddetta Signora: “Li mortacci…”, tanto per essere chiari.
Dopo avere adempiuto ai miei doveri lavorativi riesco fortunosamente a tornare in postazione “FERMI”.
Lo scrupolo cui sono geneticamente avvezzo mi impone un ultimo tentativo con la vecchia card, che punto sui tornelli della metropolitana al fine di ottenere “È SCADUTA, LA VUOI CAPIRE?”
Mi spingo verso l’ormai familiare biglietteria (che in tutta questa storia può fregiarsi di un vanto più unico che raro: l’aria condizionata funziona!).
Poca gente. Entro immediatamente in contatto con un impiegato (il primo maschio di questa storia, ma non vogliate leggere risvolti sessisti).
Appena ieri si è dimesso l’Amministratore Delegato dell’ATAC, temo il momento di anarchia, ho paura…
Per l’ennesima volta spiego tutto l’accaduto (ogni volta si aggiungono particolari, mica facile!) e porgo la mia card ormai assunta a ruolo di reliquia, e porgo la ricevuta di pagamento.
“Ma ha fatto la ricarica il 26… Ci vogliono almeno 8, 9, 10 giorni. Noi sconsigliamo sempre la ricarica online, comunque riprovi lunedì (5 settembre)”.

Comprendo il ruolo dei vetri blindati agli sportelli pubblici.

Razionalizzo l’impossibilità di ucciderlo e rispiego con calma zen che la mia card – stante le promesse precedenti – doveva essere rifatta ex novo.
“Può controllare se c’è?”
“Vabbe’, un attimo” è la stanca risposta, seguita da uno scartabellio in zona protetta privo di risultati, dovendo giudicare dallo scrollamento di capo.
Il ritorno allo sportello, con aria desolata e dimessa, è accolto da un mio sguardo sanguigno piuttosto “importante”.
Face to face, odio e paura. Com’è vero che l’occasione rende l’uomo ladro. E com’è vero che il timore dell’imprevedibile possa rendere l’uomo saggio.
“Provo a vedere anche di là!” (il “di là” è lo sgabuzzino segreto nel quale si celano tutti i personaggi fantasticamente reali che ho già descritto).
“Tranquillo!” (e penso di accamparmi per le prossime settimane).
Voci, concitazione, “ha pagato”, “non risulta”, “a me risulta”, “controllo”, “vai al terminale”.
Il mio amico/nemico torna allo sportello smanettando a più non posso.
“C’è speranza?” è la mia domanda ingenua. Mi mostra il palmo della mano, come per dire “aspetta”, ma anche “vedrai”.
Aveva un solco lungo il viso, come una specie di sorriso.

E ho capito: “Ce l’ho!”

Dopo 45 minuti (cioè due corse soppresse) di attesa salgo sul “mio” 705 con la mia nuova card fiammante, per conquistare casa e computer, marchingegno che mi rende edotto della fine dell’anarchia dell’ATAC. E mi domando: che cazzo di bisogno c’è di eleggere quale AD uno che si chiama Fantasia, quando sarà la Realtà (di cui il mio racconto non rappresenta che una piccola parte e che supera il fantastico oltre ogni aspettativa) a divorare i resti di questa Azienda?

Raffaele Corte (30 agosto – 3 settembre 2016)

N.B.:
Un riadattamento di questa “Riflessione Online” è presente nel libro “ADDIO ALLA QZERTY” (cap. 6: “eCard, maledetta eCard…)

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